CUBA. LA RIVOLUZIONE E LA SETTIMA ARTE
29 Marzo 2020
Con l’avvento al potere di Fidel Castro nasce sull’isola caraibica l’importante cinematografia cubana.
di Fabio Massimo Penna
Prima dell’arrivo al governo di Fidel Castro la cinematografia a Cuba è una presenza esigua, quasi inconsistente. Il governo Batista aveva promosso la realizzazione di un film su uno dei principali eroi della lotta per l’indipendenza dell’isola caraibica dal regime coloniale spagnolo, Josè Martì. La regia della pellicola era stata affidata al regista messicano Emilio Fernandez che dirige La rosa blanca (1953), prolissa opera commemorativa. Per il resto la produzione cubana si limita a qualche film di genere, come il poliziesco Sette morti all’ora fissata (1949) o pellicole sull’epopea contadina come Stirpe dei forti (1953) di Manuel Alonso. In tale desolante panorama brilla per l’impegno sociale (tanto da subire un sequestro da parte delle autorità) Il carbonaio (1955-56) pellicola di sapore neorealista che affronta il tema delle dure condizioni di vita dei minatori cubani. In questo deserto il cinema rivoluzionario nasce senza radici ma si dota da subito di una ragguardevole struttura organizzativa: nel 1959 viene, infatti, fondato l’ICAIC, ente statale dedicato all’addestramento dei dirigenti tecnici e alla promozione dell’attività documentaristica e dello studio teorico. Dopo l’avvento di Castro la filmografia cubana comincia a produrre opere di pregio. Si distinguono da subito alcuni registi di talento. Juan Garcia Espinosa, formatosi presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, assume il ruolo di documentarista ufficiale della rivoluzione e, in funzione propagandistica, dirige Cuba balla (1960) che mostra l’anima popolare dell’isola caraibica attraverso balli e canti e prende di mira la borghesia locale mentre nel 1968 gira Le avventure di Juan Quin Quin, pellicola su di un contadino audace che abbandona la campagna, si impegna in lavori bizzarri e si lancia in pazze disavventure. Si tratta di un inedito genere di opera popolare con la figura del guerrigliero infilata nel film d’avventura. Sempre dal Centro Sperimentale di Roma esce la figura di Tomas Gutierrez Alea, personalità fondamentale per la creazione del nuovo cinema cubano. Dopo aver raccontato la caduta del regime di Batista in Storie della rivoluzione (1960), mostra una tagliente disposizione satirica, nel criticare la burocrazia cubana, alla quale abbina una notevole capacità di analisi in La morte di un burocrate (1965) pellicola che espone il conflitto tra l’individuo e la struttura sociale nell’isola caraibica .
Figura eclettica è quella di Jorge Fraga capace di passare dal ruolo di regista a quello di cameraman, di produttore e consulente artistico. Fraga canta l’epopea dei contadini cubani in Anno nuovo episodio del film Cuba 58 (1962) mentre con Odissea del generale José (1969) analizza i rapporti tra un militare e un contadino in una Cuba metafisica e magica, tra foreste tropicali e vicende di fanatismo religioso. Altro gigante è Santiago Alvarez che è stato vicepresidente dell’ICAIC e si è distinto per i suoi documentari, caratterizzati da intenti didattici e politici, percorsi da ideali antimperialistici e capaci di variare il tono dalla denuncia alla parodia. Il suo stile influenzerà gran parte del cinema militante sudamericano. Tra i suoi lavori vanno ricordati almeno Ora (1965) che conferma l’opzione antiyankee del regista mostrando scene di prevaricazione razziale negli Stati Uniti e Hanoi, martedì 13 (1967) sulle lotte contadine di un popolo oppresso. Per venire a tempi più recenti, dobbiamo ricordare come negli ultimi anni si sia imposta la figura di Ernesto Daranas, nato come drammaturgo e sceneggiatore televisivo, che ha diretto film importanti quali Condotta (2014) in cui, attraverso la storia di un bambino con la madre tossicodipendente, mostra le trasformazioni sociali che nel tempo hanno attraversato Cuba e Sergei e Sergio – Il professore e il cosmonauta (2017) racconto di un astronauta russo bloccato nello spazio che riesce a entrare in comunicazione con un filosofo cubano.
Come italiani ci è caro ricordare la figura dell’attore Tomas Milian. Milian, sorta di cubano di Roma, frequenta a New York l’Actor’s Studio e prende parte a rappresentazioni teatrali a Broadway ma ottiene il grande successo con personaggi trucidi come il commissario Nico Giraldi o il ladro er monnezza. Nei panni dei due coatti romani, ai quali lo strepitoso doppiaggio di Ferruccio Amendola conferisce un accento romanesco che è divenuto un marchio di fabbrica, Milian inanella un trionfo dopo l’altro dal poliziottesco del 1976 Il trucido e lo sbirro di Umberto Lenzi a Squadra antiscippo, sempre del 1976, di Bruno Corbucci, a Squadra antitruffa (1977) ad Assassinio sul Tevere (1979) a Delitto al ristorante cinese (1981) tutti di Bruno Corbucci. Nella filmografia di Milian vi è anche tanto cinema di alto livello che lo ha visto spesso diretto da grandi registi. Ѐ Michele Ardengo ne Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli, tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, veste i panni di un regista affetto da instabilità sentimentale in Identificazione di una donna (1982) di Michelangelo Antonioni mentre per Steven Soderbergh è il generale Arturo Salazar in Traffic (2000).