Itinerari dal mondo

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BERLINO. LA RINASCITA ARCHITETTONICA DOPO IL MURO

Dopo il crollo del muro, Berlino è diventata il centro dell’architettura contemporanea.

di Fabio Massimo Penna

“Ben altro carattere hanno i segni paesistici che esprimono la volontà di difesa o di separazione dei gruppi umani. Insicurezza, timore, odio, generano questi segni.” (Silvio Piccardi, Fondamenti di geografia culturale, Patron editore, Bologna, 1994). In questa sciagurata categoria dei simboli dell’odio rientra il muro che fino a qualche anno fa ha diviso in due Berlino, una ferita nel cuore della città, con la settecentesca Porta di Brandeburgo divenuta, suo malgrado, emblema della divisione del popolo tedesco. Famiglie e amici separati fino all’abbattimento del muro, con un’esplosione di vita che ha cancellato una barriera capace di tenere distanti i corpi non le menti e i cuori. Nel 1989, con il crollo del muro di Berlino il mondo cambia, finisce un’era di contrapposizioni e guerre fredde e comincia l’epoca della società globalizzata. La rinascita di Berlino, finalmente unita, passa per l’architettura che vede un ampio gruppo di “archistar” intervenire per dare un nuovo volto alla città. Il passato architettonico di Berlino aveva già subito pesanti mutilazioni nel corso del tempo come la distruzione del Castello Civico avvenuta nel 1950 o quella della galleria dorata del Castello di Charlottenburg durante la seconda guerra mondiale. Grande protagonista dell’architettura della città tedesca era stato nel Settecento Georg Wenceslaus von Knobelsdorff che lavorò per Federico il Grande coniugando elementi palladiani a tendenze classiciste e fu autore del Teatro di Corte (1741), dell’ala orientale del Castello di Charlottenburg (1740) e del Teatro dell’Opera (1741-43).

 A seguito dell’unificazione di Berlino Est e Berlino Ovest il bisogno di trasformazione rispetto al passato si concretizza in un notevole impulso edilizio che attira nella città tedesca alcuni architetti di livello internazionale. Qui riportiamo alcuni dei tanti interventi effettuati. Cominciamo dalla costruzione della cupola del Reichstag, opera realizzata da Norman Foster, rappresentante di punta dell’architettura high tech. La dimensione high tech delle sue opere è caratterizzata dalla esibizione dei componenti della struttura architettonica, solitamente in acciaio o cemento armato, e l’impiego di rivestimenti trasparenti e omogenei, frequentemente il vetro. Ovviamente non può mancare uno sguardo al progresso tecnico e ai suoi prodotti. L’intelaiatura della cupola di Foster è formata da uno scheletro metallico coperto da un rivestimento di vetro, una costruzione leggera ed elegante che domina Berlino. L’architetto di Manchester opta per rendere praticabile la struttura consentendo al pubblico di osservare i parlamentari nell’adempimento delle loro funzioni. Il progetto, inoltre, tiene conto delle questioni inerenti l’ecologia con sistemi di ventilazione naturale e batterie fotovoltaiche alimentate dall’energia solare.

Notevole è anche l’intervento di Frank O. Gehry, la cui poetica prevede il superamento delle tradizioni architettoniche per arrivare a una conciliazione degli opposti che comporti la coesistenza di elementi razionali e irrazionali, di pieni e vuoti, di lineare e di arcuato. Questa base teorica innerva un progetto rivoluzionario come quello per il DZ Bank Building di Berlino, in cui l’intreccio delle linee delle strutture viene contraddetto dal protendersi nello spazio interno di una sala conferenze dall’aspetto destabilizzante, a forma di cavallo, che segna uno stacco deciso dalla tradizione architettonica precedente per la deflagrazione di una libera e chiassosa fantasia.

L’architetto Jean Nouvel realizza la Galerie La Fayette sulla Friedrichstrasse. La poetica di Nouvel si fonda sul costante incrociarsi di tradizione e modernità, di tecnologia e natura, trasparente e opaco in una concezione architettonica in cui il Rinascimento si coniuga con l’high tech. Lo stile personale, però, non trascura il preesistente, il contesto nel quale l’artista cala le sue opere. La Galerie La Fayette di Berlino è una costruzione moderna e visionaria, una tipica architettura dei grandi magazzini in cui gli elementi tondeggianti si innestano su quelli lineari e alla quale una copertura di vetro dona trasparenza e lucidità. Caratteristica della vetrata è quella di restituire, come uno specchio, le immagini degli altri edifici della Friedrichstrasse riflesse sulla propria superficie.

Riprogettare un luogo leggendario, restituire vita a un centro nevralgico inghiottito da un vuoto avvolgente. Renzo Piano, chiamato a rivitalizzare un sito iconico come la Potsdamer Platz a Berlino, realizza un progetto che prevede la ricostruzione di una zona della città con l’edificazione di uffici, cinema, negozi, alberghi, case e aree verdi. Il confronto con il grande passato di Berlino presuppone un recupero urbanistico che tenga conto della classica disposizione degli isolati della città e del preesistente storico. Piano realizza una serie di edifici tra i quali si stagliano il cinema Imax, che culmina con una sfera in ceramica, l’Atrium tower (precedentemente chiamata Torre Debis) e la scheggia trasparente dell’edifico per uffici B1. Potsdamer Platz vede anche l’intervento, per realizzare edifici adibiti a ufficio, di Arata Isozaki la cui architettura è fondata sull’impiego di forme geometriche elementari spesso declinato nel senso di una intensa monumentalità.

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