Itinerari dal mondo

Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina.

LISBONA. PESSOA CI GUIDA TRA I VICOLI DELLA CITTÀ LUSITANA

L’autore del Libro dell’inquietudine ci porta ad ammirare i capolavori artistici e architettonici di Lisbona.

di Fabio Massimo Penna

Una città si lega, spesso in maniera indissolubile, al nome di una grande personalità, artista o letterato che sia, che ne diventa l’emblema. Abbiamo già visto come Praga-Kafka sia un binomio oramai inevitabile e anche il nome di Fernando Pessoa è unito a quello di Lisbona, città che ha dedicato allo scrittore una statua di fronte al suo locale preferito, il caffè A brasileira. Il legame tra lo scrittore e la metropoli portoghese è così intenso che Pessoa le dedica un’autentica guida turistica: Lisbona-Quello che il turista deve vedere. Nato nella città lusitana nel 1888 lo scrittore vive, a causa del matrimonio della madre vedova con il Console del Portogallo, a Durban in Africa dal 1895 al 1905. Dopo il rientro in Portogallo la sua vita si svolge prevalentemente a Lisbona nel quartiere della Baixa. Considerato il massimo scrittore portoghese, Pessoa ha nascosto la sua figura dietro una serie di eteronomi (nomi inventati ai quali si attribuiscono le proprie opere): Bernardo Soares, Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Alvaro de Campos. Per completare la finzione agli eteronimi viene attribuita una biografia, un lavoro, un carattere. Tale è la sua identificazione in questi personaggi che l’unica relazione seria della sua esistenza, quella con Ophelia Queiroz, viene guastata dalla invadente presenza di Alvaro de Campos, che scrive lettere alla donna trasformandosi in una sorta di immaginario terzo incomodo. Il talento dello scrittore lusitano si rivela in tutta la sua grandezza alla sua morte poiché il mondo scopre che gran parte dei capolavori della moderna letteratura portoghese sono stati scritti da un solo uomo nascosto sotto nomi fittizi. Spunti autobiografici punteggiano quello che è uno dei massimi capolavori del Novecento, il libro dell’inquietudine (Livro do desassossego) una sorta di diario tenuto da Bernardo Soares, alter ego nel quale lo scrittore riverbera la propria personalità. Anche nel campo della poesia Pessoa mostra doti liriche non indifferenti come dimostrano i versi con i quali definisce il lavoro del poeta in Autopsicografia: “Il poeta è un fingitore/finge così completamente/da fingere che è dolore/il dolore che davvero sente.”

Lasciamo, dunque, che siano Pessoa e il suo Lisbona-Quello che il turista deve vedere a guidarci nella città lusitana, ad accompagnarci tra i vicoli della Baixa, del Bairro Alto e Alfama. Dal tour cittadino prendiamo i siti di maggior interesse cominciando dall’incantevole Torre di Belem, esempio dello stile “manuelino” (dal nome di re Manuel I) che caratterizza l’architettura portoghese agli inizi del Cinquecento. L’architettura manuelina esibisce un’esuberanza decorativa che estende i motivi ornamentali anche alle colonne e alle volte in una commistione di componenti gotiche e rinascimentali con presenze moresche. Sempre nel quartiere di Belem, nella zona del porto, si trova il Monastero dei Jeronimos, meravigliosa struttura in pietra. Realizzato in stile manuelino, il monastero dei Jeronimos agli stilemi gotico-fioriti e rinascimentali abbina tracce islamiche e indiane. Nella facciata si impone il fastoso portale con nicchie, statue, rilievi, emblemi armoniosamente legati insieme da una mano sapiente. L’interno della chiesa a tre navate è adornato da un magnifico pulpito e da una terracotta invetriata di Luca Della Robbia rappresentante San Girolamo della quale dice Pessoa: “A questa immagine è riferita la storia di Filippo II di Spagna che, trovandosi di fronte esclamò ‘No me hablas Hieronimo? (non mi parli, Geronimo?)” (Fernando Pessoa, Lisbona-Quello che il turista deve vedere, Passigli editori, Firenze-Antella, 2003). Vanno ricordati ancora il tabernacolo della cappella maggiore con copertura in argento, opera di Gil Vicente e nella Cappella Almeida Garrett le tombe di Luis de Camoes e di Vasco de Gama.

 Vicino al giardino della Estrela (dove si possono ammirare campioni di flora esotica) si trova la Basilica de Estrela, chiesa votiva edificata nel 1799 e voluta dalla regina Maria I in occasione della nascita del figlio. L’edificio, a sviluppo longitudinale con pianta a croce latina, presenta una facciata tardobarocca con nicchie, statue e un doppio campanile. L’interno è decorato da statue di Machado di Castro e dipinti di Pompeo Batoni, artista lucchese famoso per i suoi ritratti di effigiati davanti a rovine classiche, con i quali i viaggiatori intendevano portare nel loro Paese una testimonianza del proprio grand tour in terra italica. La Chiesa di San Roque ci offre una singolare sorpresa. All’interno si trova la cappella di San Giovanni Battista, eseguita a Roma da Nicola Salvi su progetto di Luigi Vanvitelli, a Sant’Antonio dei portoghesi, dove riceve la benedizione di Papa Benedetto XIV, e smantellata viene portata a Lisbona e collocata all’interno della chiesa di San Roque. Un autentico innesto di un pezzo di Roma dentro Lisbona. Si sta facendo oramai tardi, salutiamo la nostra guida Pessoa o Reis, o Alvaro de Campos, o Caeiro, chiunque egli sia. Lui non potrà seguirci nella nostra ultima visita. Andiamo, infatti, a vedere il Centro Culturale di Belem, progettato da Vittorio Gregotti tra il 1988 e il 1993. Si tratta di una struttura che sviluppa in orizzontale e si affaccia sul fiume Tejo, in un’area compresa tra il monastero dei jeronimos e la torre di Belem. L’impiego di pietra a spacco è un omaggio al vicino convento dei jeronimos, come è tipicamente portoghese la calcada (pavimento di pietra bicolore) della zona museale. Il centro è una enorme struttura con spazi espositivi, auditorium, teatro, sale riunioni e uffici.

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