LEONARDO E MICHELANGELO A FIRENZE. IL PRIMO PERIODO
28 Novembre 2020
La Toscana nella seconda metà del Quattrocento vede la nascita di due geni destinati a lasciare un segno indelebile nell’arte e nella cultura mondiale, Leonardo e Michelangelo.
di Fabio Massimo Penna
Nella Firenze del secondo Quattrocento la bottega di Andrea Del Verrocchio è tra le più rinomate poiché vi passano pittori del valore di Pietro Perugino e Sandro Botticelli ma, soprattutto, perché vi si forma Leonardo da Vinci. Come in molte botteghe dell’epoca in quella del Verrocchio si realizzano dipinti, sculture, opere di oreficeria e oggetti decorativi. È un luogo stimolante e ricco di idee e quando finisce il suo periodo di tirocinio “Leonardo esce da un ambiente ove si insegna a concepire la figura umana, scolpita o dipinta, non immobile, non isolata, ma inserita nello spazio, liberamente mobile in esso” (Piero Adorno, L’arte italiana – Il Rinascimento e il Barocco, Casa Editrice D’Anna, Firenze, 1986). La tradizione vuole che i primi segni del talento di Leonardo siano ravvisabili nell’angelo a sinistra del Battesimo di Cristo del Verrocchio conservato nella Galleria degli Uffizi mentre quella che è ritenuta la sua prima opera realizzata autonomamente è L’Annunciazione, anch’essa nella Galleria degli Uffizi. Si tratta di un lavoro che si inserisce nel solco della tradizione apportandovi alcune note originali come il giardino fiorito nel quale è ambientata la scena e il paesaggio dello sfondo che annuncia la leonardiana tecnica dello “sfumato”. L’artista toscano aveva notato come nell’aria vi sia un pulviscolo che rende gli oggetti distanti sfocati, con i contorni che sembrano fondersi con l’atmosfera circostante in un effetto, appunto, di sfumato. L’opera contiene anche, fatto strano per un artista che studiava con impegno il corpo umano, un famoso errore anatomico nella mano della Vergine che tiene aperto un libro con un gesto innaturale e inverosimile.
Dopo questo periodo di grande intesa con il maestro Verrocchio, Leonardo si distacca dai modi artistici fiorentini con L’adorazione dei magi (Galleria degli Uffizi) che l’artista lascia incompiuta quando abbandona Firenze per stabilirsi a Milano nel 1482. L’opera mostra quella che sarà una caratteristica vituperata del genio toscano ovvero la sua famosa lentezza che gli renderà estremamente sgradito dedicarsi all’affresco, tecnica che richiede una certa rapidità di esecuzione. La tavola è composta su direttrici diagonali con la Madonna e il Bambino staccati dal resto, isolati in mezzo a una folla di persone. Sullo sfondo si stagliano le architetture possenti di un edificio in rovina, che si ritiene rinvii al crollo del tempio di Gerusalemme, attraversate da gruppi di cavalieri impegnati in battaglia. Rispetto all’iconografia tradizionale sono assenti il bue e l’asino e non vi è il classico corteo di personaggi che vengono a omaggiare Gesù sostituito dal disordinato affollarsi di figure intorno alla Vergine e al Bambino.
Altro anno fondamentale è il 1475 che vede la nascita a Caprese di un altro colosso del Rinascimento, Michelangelo Buonarroti. La sua formazione avviene a Firenze dapprima presso la bottega del Ghirlandaio e in seguito nel giardino di San Marco, dove Lorenzo il magnifico aveva collocato alcuni capolavori antichi. Sono anni nei quali l’artista affina la sua tecnica scultorea che egli definisce “in levare”, ossia consistente nel togliere dalla materia tutto ciò che di superfluo nasconde la figura che vi è contenuta all’interno. Il profondo studio delle statue antiche è evidente nel rilievo marmoreo con la Battaglia dei centauri (conservato nella fiorentina Casa Buonarroti), opera che rinvia alla mitologia greca e alle rappresentazioni di scene di guerra che adornano i sarcofaghi romani. L’aggrovigliarsi dei corpi dei centauri è incentrato su di una figura al centro della composizione che con il gesto del braccio destro genere il movimento circolare che domina l’opera. Sempre presso Casa Buonarroti è conservato il rilievo della Madonna della Scala in cui l’artista di Caprese rivolge la sua attenzione agli studi di Donatello sulla tecnica dello “stiacciato”, con rilievi di poco spessore che donano al lavoro un aspetto etereo ed evanescente. Il museo del Bargello conserva la scultura di Bacco, una delle prime opere nelle quali il giovane artista mette a frutto gli studi sull’antico che porta avanti nel suo primo periodo romano ed è anche una delle prime in cui l’estrema finitura del lavoro sul marmo crea meravigliosi effetti di “traslucido”. La statua del dio riprende la ponderazione, o chiasmo, policletea con il braccio destro e la gamba sinistra della scultura portanti mentre il braccio sinistro e la gamba destra sono in riposo.