Itinerari dal mondo

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LEONARDO E MICHELANGELO A FIRENZE. IL SECONDO PERIODO

Agli inizi del Cinquecento Michelangelo e Leonardo tornano a Firenze, dove realizzano capolavori assoluti dell’arte mondiale. Presto, però, Milano e Roma richiamano i due artisti.

di Fabio Massimo Penna

Nel 1501 Michelangelo rientra a Firenze dopo quattro anni romani e riceve l’importante commissione per la colossale statua del David. L’artista rigetta la tradizionale immagine di David giovinetto imberbe delle opere di Donatello e del Verrocchio per scolpire un giovane uomo dal fisico possente, impostato sul chiasmo o ponderazione policletea con braccio destro e gamba sinistra in riposo e mano sinistra e gamba destra portanti. La scultura dell’eroe biblico viene identificata da subito con le virtù civiche della città di Firenze come forza, libertà e coscienza sociale. Il valore di simbolo delle qualità civili è sottolineato dalle dimensioni della imponente testa, sede dell’attività del pensiero che precede l’agire pratico. Altro capolavoro assoluto di questo periodo è il Tondo Doni (1503-1504). In precedenza l’artista di Caprese aveva scolpito due tondi (nel 1502 il Tondo Taddei e nel 1503 il Tondo Pitti) in marmo mentre il tondo Doni è un dipinto a tempera su tavola. In primo piano è raffigurata, in una composizione piramidale, la Sacra Famiglia con Giuseppe che porge il Bambino alla Vergine mentre da dietro una balaustra San Giovannino assiste alla scena. Sullo sfondo si staglia un gruppo di ignudi davanti a un paesaggio spoglio. Nel 1503 il gonfaloniere della repubblica Pier Soderini aveva commissionato a Leonardo un affresco per la Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio e l’anno seguente ne chiede uno a Michelangelo da collocare di fronte a quello leonardesco. Nascono due capolavori quali la Battaglia di Anghiari del genio di Vinci e la Battaglia di Cascina del Buonarroti, opere alle quali all’epoca si abbeverarono i pittori di tutto il mondo (Benvenuto Cellini le chiamò “la scuola del mondo”) ma che sono andate perdute e che conosciamo solo attraverso copie di Aristotele da Sangallo per la Battaglia di Cascina e di Pieter Paul Rubens (solo il gruppo centrale di cavalieri) per quella di Anghiari. Nel 1505 Michelangelo viene richiamato a Roma da Giulio II e sappiamo che i rapporti tra l’artista e il Pontefice furono molto complicati tanto che il Buonarroti si rifugiò per un periodo a Firenze: “La sua fuga da Roma  nell’aprile 1506, durante i mesi trascorsi a Firenze prima di essere costretto a recarsi a Bologna per ottenere il perdono di Giulio II” (Pierluigi De Vecchi – Elda Cerchiari, Arte nel tempo – Dal Tardogotico al Rococò, Gruppo editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas, Milano, 1991-92).

Leonardo da parte sua, dopo un periodo milanese e un breve soggiorno a Venezia, nel 1500 era ritornato a Firenze. Sono anni molto produttivi per l’artista il quale, oltre a realizzare la Battaglia di Anghiari, dipinge l’olio su tavola con Sant’Anna, la Madonna e il Bambino in cui il gruppo piramidale (la Vergine siede sulle gambe della madre) con Gesù che stringe un agnello è collocato davanti a un paesaggio dominato dal colore grigio e dal tipico “sfumato” leonardesco. In questi anni il mercante fiorentino Francesco del Giocondo commissiona all’artista di Vinci il ritratto della moglie, monna Lisa Gherardini. Il famoso ritratto chiamato La Gioconda, che mostra sullo sfondo uno stupendo brano di sfumato, è unico per via “dell’avvolgimento atmosferico che rende indissolubile -sul piano formale come su quello emozionale- l’unione della figura al misterioso paesaggio” (Pierluigi De Vecchi – Elda Cerchiari, op. cit.). Tante storie sono state narrate intorno al mitico sorriso (che potrebbe essere il risultato di due differenti sorrisi sovrapposti) della donna effigiata di cui la più nota sottolinea come “secondo Vasari, perfino il suo celebre sorriso sarebbe non un’espressione spontanea, ma il risultato di una tecnica raffinata, già adottata nel campo degli studi di fisiognomica: Leonardo avrebbe cioè radunato al cospetto della donna un gruppo di musici, cantori e buffoni ‘che la facessino stare allegra per levar via quel malinconico che suol dar spesso la pittura a’ ritratti che si fanno’ “ (Carlo Vecce, Leonardo, Salerno editrice, Roma, 1998). Come sempre Leonardo oltre all’arte si occupa dei suoi studi scientifici e ad impegnarlo particolarmente è il suo progetto più ambizioso: la deviazione del corso dell’Arno prima dell’arrivo del fiume a Firenze. In questo modo il genio di Vinci cerca di ottenere due risultati: dare una soluzione ai frequenti straripamenti del fiume che creavano grandi problemi alla città e offrirle uno sbocco al mare che consentisse ai fiorentini di avere una via commerciale navigabile. Le idee di Leonardo non sono, però, accolte dalla Signoria e il sogno di deviare l’Arno rimane sulla carta. Il richiamo di Milano intanto si fa irresistibile e Leonardo nel 1506 lascia il capoluogo toscano per la seconda volta.

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