MADRID. I GRANDI MUSEI DELLA CAPITALE SPAGNOLA
14 Aprile 2020
Concludiamo la nostra visita a Madrid con un tour nei grandi musei cittadini.
di Fabio Massimo Penna
Avevamo concluso il precedente articolo su Madrid con una rapida visita la Museo del Prado. Nella fretta avevamo tralasciato di ammirare le opere di un artista che nelle sale espositive madrilene la fa da padrone, Diego Velazquez. Torniamo dentro e poniamo rimedio al nostro errore. Imperdibile è il vasto Las meninas, opera che realizza il grande sogno del barocco spagnolo: inglobare lo spettatore nell’opera, integrarlo nel dipinto. Dal quadro l’autoritratto del genio sivigliano, che si è effigiato nell’atto di dipingere, ci fissa intensamente come se fossimo noi il soggetto della sua tela. Uno specchio sullo sfondo dell’opera ci avverte, però, che l’artista sta ritraendo il re e la regina, Filippo IV e Marianna d’Austria. Questa prova di virtuosismo si fonda su due espedienti pittorici: la chiamata in causa dei riguardanti e il gioco degli specchi (che ricorda quello di Jan Van Eyck ne I coniugi Arnolfini). Lo spettatore si sente così al centro dell’opera contornato dal pittore, dall’infanta Margarita con le sue damigelle, da una nana deforme e da un cane. Il Prado ci offre un’altra prova di padronanza tecnica del sivigliano, Le filatrici (la favola di Aracne). Qui Velazquez gioca con l’espediente del quadro nel quadro. In un laboratorio tessile si vedono in primo piano alcune filatrici al lavoro con sullo sfondo un arazzo sul quale è rappresentata Aracne che mostra a Minerva una tela con il rapimento di Europa. La tessitrice, che si era azzardata a sfidare la dea, viene trasformata in un ragno. Reso il nostro tributo a quello che è, insieme a Pablo Picasso, il più grande pittore spagnolo della storia abbandoniamo il Prado e rechiamoci in un altro scrigno di gioielli, il Centro di Arte Reina Sofia.
Qui incontriamo l’estroso genio del surrealismo Salvador Dalì. Alcune delle opere conservate al Reina Sofia appartengono a una fase nella quale la delirante dimensione onirica non aveva ancora preso il sopravvento e l’artista di Figueras mostrava un classicismo che catturava la realtà quotidiana. Soggetto preferito è la sorella Ana Maria, ripresa preferibilmente di spalle come in Giovane donna seduta in cui la fanciulla si staglia su di un paesaggio di case con l’ampia scollatura della veste che mostra delle spalle giovanili e invitanti. Di grande sensualità è anche la giovane figura affacciata su una distesa di mare di Ragazza alla finestra. Al Reina Sofia la stagione surrealista di Dalì è rappresentata da Il grande masturbatore in cui la visionarietà onirica raggiunge la sua massima espressione con un enorme volto di profilo poggiato sul naso che si staglia come un edificio e sembra baciare un gigantesco grillo. Dal viso escono il primo piano di una donna e la parte inferiore del corpo di un uomo. Come spesso in Dalì la simbologia rinvia agli appetiti erotici ma anche alla morte.
Una stanza tutta per sé. Il capolavoro di Pablo Picasso Guernica merita di stare in una sala a parte dove la tela di grandi dimensioni si staglia coprendo una parete e incantando l’ammirato visitatore il cui sguardo si perde tra le agitate figure dell’enorme tela. L’opera raffigura il bombardamento della cittadina spagnola di Guernica da parte di aerei tedeschi nel corso della guerra civile spagnola. Picasso abbandona ogni nota realistica e incarna la sua denuncia morale di fronte a tanta spietata efferatezza con immagini di figure deformate e contorte, volti innaturalmente sconciati da espressionistici atteggiamenti di intenso dolore. Scomposti brandelli di corpi, animali imbizzarriti e sconvolti, visi alterati dal turbamento si accatastano confusamente in un insieme al quale un uso del colore al limite della monocromia, giocata sull’alternarsi di grigi, neri e bianchi, dona una potenza drammatica straordinaria.
Lasciato il Reina Sofia ci spostiamo verso un altro straordinario centro espositivo, il Museo Thyssen-Bornemisza, sede di oltre ottocento capolavori artistici. Cominciamo da un artista italiano del tardo Rinascimento, Bramantino (Bartolomeo Suardi) con il suo Cristo uomo di dolori in cui le forme di Gesù sono definite da un’ incisiva linea grafica che dà al corpo la consistenza di un diamante mentre i dominanti colori lividi danno al quadro una intensa e commovente nota patetica. Notevole anche l’opera di Albrecht Durer Cristo tra i dottori nella quale, ispirandosi agli studi di Leonardo sui moti dell’animo, dipinge un Gesù dal volto imberbe e aggraziato al quale fanno da contraltare le teste dei sapienti che vanno dal grottesco e mostruoso al senile al volto malevolo. Tra i gioielli del museo vi è il capolavoro assoluto di Jacopo Bassano (Jacopo Da Ponte) La semina del grano che cala il racconto dei Vangeli del seminatore in una dimensione terrena e umana con una scena pastorale che rappresenta un pasto di contadini dopo il pesante lavoro dei campi. Nel Santa Caterina d’Alessandria di Caravaggio la figura della santa esce dall’ombra dello sfondo nero attorniata dai simboli del martirio, la ruota, la spada e la palma. Il volto della santa ricorda quello di Giuditta ne La decapitazione di Oloferne. A testimonianza dello straordinario successo delle terrecotte invetriate della bottega dei Della Robbia (in cui spiccano le figure di Luca e Andrea) vi è il San Augustin (sant’Agostino) di Luca Della Robbia. I capolavori dei Della Robbia ottenevano, grazie all’impiego di uno smalto luminoso, un effetto di traslucido straordinario, confermato da questa terracotta invetriata tonda circondata da un festone policromo di frutta e verdura. Il ritratto di Giovanna Tornabuoni di Domenico Ghirlandaio dimostra l’influenza dell’arte fiamminga, da cui discende una grande attenzione ai particolari, sul pittore italiano. L’opera presenta la fanciulla di profilo riccamente abbigliata e dall’acconciatura dei capelli complicata, resa con amore per il dettaglio, mentre in un’essenziale cornice architettonica sono raccolti alcuni oggetti personali.