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PINACOTECA DI BRERA. A MILANO UNO SCRIGNO PIENO DI CAPOLAVORI

Agli amanti dell’arte Milano offre un percorso entusiasmante nella Pinacoteca di Brera che ospita una straordinaria quantità di capolavori artistici.

di Fabio Massimo Penna

Una gita a Milano sarebbe incompleta senza una visita alla Pinacoteca di Brera. Il museo è situato al primo piano del Palazzo di Brera nato come sede dell’Accademia di Belle Arti e ospita un gran numero di capolavori di artisti, prevalentemente italiani. Vediamone alcuni.

Straordinario esempio della padronanza prospettica di Andrea Mantegna è il Cristo morto definito all’epoca Cristo “in scurto”, con riferimento al corpo impeccabilmente scorciato di Gesù adagiato sulla pietra dell’unzione. La prospettiva a un unico punto di fuga non viene, però, applicata rigidamente ma in maniera flessibile cosicché l’artista di Isola di Carturo esclude la testa di Gesù dall’inquadratura scorciata, ingrandendola per evitare sgradevoli effetti di sproporzione e disarmonia. Per la medesima ragione è presente un’altra correzione ottica nei piedi di Cristo più piccoli di quanto dovrebbero essere. La visione ravvicinata e il potente scorcio delle figure donano alla tela una elevata veemenza drammatica.

La pala di Brera di Piero della Francesca è una delle opere fondamentali nella storia dell’arte italiana. Qui l’impiego della prospettiva e l’incidenza della luce rendono la tavola un perfetto esempio di integrazione di figure e architettura. I personaggi rappresentati si dispongono circolarmente attorno alla Vergine con il Bambino seguendo la curva dell’abside dipinta. Grazie alla luce che le bagna facendole uscire dalle zone d’ombra le figure assumono rilievo e si staccano dal fondo donando profondità al dipinto. Un uovo di struzzo (simbolo della rinascita di Gesù) è appeso sulla testa della Madonna, di cui replica l’ovale. L’opera è impostata su di una rigorosa geometria fondata sulla figura del cerchio definita dall’arco a tutto sesto dell’abside e ripreso in basso dai personaggi raffigurati. L’importanza che Piero della Francesca annette alla geometria è testimoniata dai suoi scritti: De perspectiva pingendi, Libellus de quinque corporibus regolaribus e De abaco.

Tra i momenti più alti della pittura italiana vi è una sorta di “gara” tra Piero Perugino e il suo allievo Raffaello Sanzio nel dipingere il soggetto de Lo sposalizio della vergine. Le due opere vengono realizzate tra il 1500 al 1504. Entrambe ambientate in una piazza chiusa nel fondo da un tempio con le figure dei protagonisti in primo piano nel centro del quadro, attorniati dai testimoni. La costruzione religiosa, che nel dipinto del Perugino incombeva dietro le figure ed era tagliata fuori dall’immagine nella parte alta della cupola, viene spostata indietro da Raffaello e resa il fulcro della composizione. I personaggi dell’urbinate, inoltre, mostrano una maggiore naturalezza rispetto a quelli statici e artefatti del Perugino. Il punto di fuga verso cui convergono tutte le linee prospettiche viene posizionato da Raffaello in corrispondenza della porta del tempio. La Pinacoteca di Brera conserva l’opera dell’urbinate mentre Lo sposalizio della vergine peruginesco si trova nel Musée des Beaux-arts di Caen.

La cena in Emmaus di Caravaggio conservata alla Pinacoteca di Brera è la seconda tela che il Merisi dedica a tale soggetto sacro (l’altra si trova alla National Gallery a Londra). Si tratta di una delle prime opere realizzate dal pittore dopo essere scappato da Roma. L’artista lombardo aveva ucciso tal Ranuccio Tomassoni dopo una partita a pallacorda e, a causa dei rapporti della potente famiglia di quest’ultimo con le autorità spagnole, si era dovuto dare alla fuga. Prime tappe di un vagabondare che lo porterà a Napoli, a Malta, in Sicilia e in Toscana sono i possedimenti del principe Colonna vicino alla capitale: Palestrina, Paliano, Zagarolo. Proprio a Zagarolo o a Palestrina viene dipinta l’opera della Pinacoteca di Brera. Qui, come spesso in Caravaggio, le figure emergono dall’ombra e lo stupore dei due apostoli nell’apprendere che il misterioso viandante seduto di fronte a loro è Gesù risorto viene reso perfettamente dal discepolo che si ancora con le mani al tavolo, quasi a evitare di cadere per lo sconvolgimento creato dalla rivelazione. La luce che libera i personaggi dalla semioscurità che li inghiotte, i loro gesti espressivi e la dimessa natura morta sulla tavola caratterizzano un dipinto di profonda indagine psicologica ed efficace essenzialità.

L’imponente tela di Tintoretto Il ritrovamento del corpo di San Marco conferma, nella strepitosa fuga prospettica degli archi, nello scorcio del cadavere del santo, nel gioco sapiente di luci e di ombre, quella attitudine alla resa scenografica e alla teatralità spettacolare e stupefacente del pittore veneziano. Il virtuosismo pittorico si accompagna a una grande capacità di suscitare la partecipazione emotiva del riguardante.

Quadro-simbolo della Pinacoteca di Brera è Il bacio di Francesco Hayez. L’opera ha un alto valore allegorico: la raffigurazione del patriota risorgimentale nel momento in cui, chiamato a partire per la guerra, dà l’addio all’amata nasconde anche un significato politico. I colori dei vestiti del volontario e di quelli della sua donna, fusi in un tenero abbraccio, sono quelli delle bandiere di Italia e di Francia e l’opera suggella così l’alleanza tra le due nazioni. Il museo meneghino conserva anche un altro dipinto-emblema di Hayez: Il Ritratto di Alessandro Manzoni, con l’autore de I promessi sposi colto di tre quarti in un atteggiamento riflessivo.

Giovanni Bellini è il pittore che pone le basi per la nascita della pittura tonale (sarà poi Giorgione a eliminare il disegno preparatorio e dipingere direttamente sulla tela). A lui infatti viene attribuita la scoperta della prospettiva cromatica: i colori caldi si avvicinano allo spettatore, quelli freddi se ne allontanano. La Pietà della Pinacoteca di Brera mostra in primo piano la Madonna, Cristo e san Giovanni ripresi a mezza figura mentre il paesaggio sullo sfondo è immerso in un cielo dai colori lividi. Le figure sono connotate da una definizione scultorea dei corpi di ascendenza mantegnesca e da un’attenzione al dettaglio che lo avvicina ai fiamminghi (i ricci dei capelli di san Giovanni sono dipinti con cura maniacale).

Uno dei massimi capolavori della pittura futurista è presente nella Pinacoteca di Brera: Rissa in galleria di Umberto Boccioni. L’opera mostra, nei tocchi di colore, l’impronta dell’importante periodo divisionista dell’artista, a cui si aggiunge la ricerca sul movimento e sul dinamismo tipica del futurismo. La tela raffigura la colluttazione tra due donne attorno alle quali si accalca una folla agitata che crea un moto centripeto che confluisce in un punto in mezzo alle due litiganti. Nel museo milanese si possono ammirare anche opere metafisiche come La musa metafisica di Carlo Carrà e le Natura morta di Giorgio Morandi, entrambe connotate dal senso di sospensione e straniamento caratteristico dei lavori dei pittori del movimento creato da Giorgio de Chirico.

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