BOLOGNA LA DOTTA. VIAGGIO ARTISTICO TRA I CAPOLAVORI FELSINEI
28 Ottobre 2020
Sede dell’università più antica del mondo, Bologna sazia la fame di Bellezza del visitatore con una serie di straordinari capolavori artistici.
di Fabio Massimo Penna
Per il turista che arriva a Bologna le tentazioni sono tante: la buona cucina, la simpatia degli abitanti, la sensazione che in questa città la gente sappia veramente godersi la vita. Ma c’è anche la cultura, tanta cultura in Bologna la Dotta (la sua è considerata l’università più antica del mondo). Tra le numerose bellezze cittadine merita di essere ammirato il capolavoro assoluto di Niccolò Dell’Arca: il gruppo scultoreo del Compianto su Cristo della Chiesa di Santa Maria della Vita. Si tratta di sette statuette in terracotta (all’origine policrome) tra le quali spiccano le famose “Marie urlanti”. La potenza espressionistica del gruppo è straordinaria con le espressioni stravolte e i gesti teatrali delle donne disperate alla vista del corpo senza vita di Gesù. I movimenti agitati e i tratti sconvolti dei personaggi rinviano all’opzione stilistica che, nella vicina Ferrara, esibivano i maestri dell’ “officina ferrarese”, Cosmè Tura, Francesco Del Cossa ed Ercole De’ Roberti.
Pare che durante il suo soggiorno bolognese Michelangelo fosse stato colpito dalla visione delle formelle realizzate da Jacopo Della Quercia per la facciata di San Petronio. In effetti, la possente struttura fisica che connota le sculture e le figure dipinte dal Buonarroti riecheggiano la volumetria rilevata e poderosa di Adamo ed Eva scolpiti nelle formelle del portale della cattedrale bolognese dall’artista di Siena. Lo stesso succitato Niccolò Dell’Arca ci rinvia in ambito di Michelangelo: i due artisti realizzano alcune delle sculture dell’Arca di San Domenico nella chiesa omonima. Lo scultore toscano realizza tre statuette in marmo (San Procolo, un angelo e San Petronio) mentre tra le sedici scolpite da Niccolò ricordiamo quelle di Sant’Agricola e San Vitale. A completare l’arca vi è il sarcofago realizzato da Nicola Pisano con l’aiuto di Arnolfo da Cambio.
Abbiamo accennato a una costruzione che segna la storia di Bologna,la chiesa di San Petronio (ricordiamo in proposito la lirica di Giosuè Carducci Nella piazza di San Petronio). A dirigere i lavori per l’edificazione della Basilica viene chiamato uno dei più importanti ed esperti architetti locali, Antonio di Vincenzo. Di impianto gotico ma contaminata dalla chiara spazialità e possente plasticità rinascimentale, San Petronio mostra una struttura geometrica essenziale e rigorosa. Se l’esterno ha un rivestimento incompleto, la parte interna esibisce una notevole compattezza, nonostante gli interventi in periodi diversi, con un accentuato slancio verticale bilanciato dallo sviluppo longitudinale delle profonde navate. Come già ricordato la facciata è abbellita dall’intervento di Jacopo Della Quercia con i bassorilievi delle storie della genesi sui pilastri laterali e le statue della Vergine con il Bambino e quelle di Sant’Ambrogio e San Petronio contenute all’interno della lunetta del portale.
Palazzo Fava esibisce le pitture dei tre Carracci (Annibale, Agostino e Ludovico), artisti tra i più grandi del Seicento: “Ludovico e Annibale vieppiù si liberano di ogni scoria accademica, e in non pochi riquadri mettono in scena un dipingere del tutto nuovo e inatteso, davvero ad occhi incuriositi e aperti sul vero” (Eugenio Riccòmini, L’arte a Bologna, Editoriale rl, Bologna, 2003). I bolognesi Carracci, soprattutto Annibale, avviano la rivoluzione caravaggesca che prevede l’abolizione di ogni abbellimento in favore di una rappresentazione cruda e veriteria della realtà: decisivi in questo senso i capolavori di Annibale La macelleria (Oxford, Crist Church) e Il mangiafagioli (Roma, Galleria Colonna). I tre cugini Carracci movimentano l’ambiente culturale bolognese fondando l’Accademia dei Desiderosi, che in seguito verrà chimata Accademia degli Incamminati, un’istituzione a carattere privato dove si propone, a livello sia teorico che pratico, un ritorno a dipingere il vero naturale. La presenza dei Carracci è cospicua anche nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, con L’assunzione della Vergine e Madonna in gloria con il Bambino e Santi di Annibale, Martirio di Sant’Orsola e San Leonardo, Predica del Battista e Probatica piscina di Ludovico e Comunione di San Girolamo di Agostino.
Altro grande artista bolognese del Seicento è Guido Reni. Reni opta per una pittura legata alla bellezza classica perchè riteneva che dalla caotica vastità del reale andasse estratto solo ciò che è bello e che l’artista dovesse tendere a una bellezza ideale. Dotato dalla natura di una straordinaria abilità nel disegno, l’artista felsineo si giovò dei suoi soggiorni romani per studiare l’arte antica e abbaverarsi alla fonte della straordinaria e dolcissima pittura di Raffaello. Nella Pinacoteca Nazionale di Bologna sono conservati suoi capolavori quali Sansone vittorioso e La strage degli innocenti.
La grande tradizione pittorica bolognese prosegue nel Settecento con la figura di Giuseppe Maria Crespi (autore del divertente La pulce degli Uffizi e de I sette sacramenti della Gemaldegalerie di Dresda), del quale si può ammirare nella città emiliana Scaffali con libri musicali che si trova nel Conservatorio Musicale Giovanni Battista Martini, per culminare nel Novecento con la straordinaria personalità di Giorgio Morandi, le cui nature morte con le bottiglie sono divenute un classico dell’arte italiana. La sua teoria della variazione nella ripetizione lo porta a realizzare dipinti in cui le differenti disposizioni delle bottiglie e le modifiche cromatiche consentono di iterare il soggetto ricavato dalla tradizione. Profondamente legato alla terra emiliana Morandi ha ritratto Bologna e la vicina Grizzana in numerosi paesaggi. Al turista che si reca nella città felsinea si consiglia una visita al Museo Morandi che, oltre alle opere, esibisce una precisa ricostruzione del famoso studio di via Fondazza nel quale sono nati numerosi capolavori.