CASTELFRANCO VENETO. GIORGIONE E LA RIVOLUZIONE DEL TONALISMO
29 Dicembre 2020
Da Castelfranco Veneto parte il tonalismo veneto, tecnica pittorica fondata sull’innovativa idea di Giorgione di eliminare il disegno preparatorio.
di Fabio Massimo Penna
Se il Quattrocento è dominato dall’arte rinascimentale, gli inizi del Cinquecento vedono avverarsi un evento unico, legato essenzialmente all’area veneta. Un pittore geniale ma anche misterioso (poche le opere sicuramente di sua mano a noi giunte) avvia un nuovo modo di dipingere che avrà riflessi importanti in tutta la storia dell’arte mondiale. Giorgio Zorzi, o Zorzo, comunemente noto come Giorgione per la sua grandezza fisica e morale, nasce a Castelfranco Veneto e compie una rivoluzione artistica equiparabile alla rivoluzione copernicana nella scienza. I dipinti per lui nascono dall’accostamento dei colori senza disegno, tecnica denominata “tonalismo”. Giorgione elimina la pratica del disegno preparatorio e nei suoi lavori tutto è definito dalla sovrapposizione degli strati di colore. Questa tecnica comporta una novità straordinaria nel fare artistico: “La pratica, vituperata dal Vasari, di ‘dipignere solo con i colori stessi, senz’altro studio di disegnare in carta’ da un lato , identificando il momento dell’ideazione con quello dell’esecuzione, sembra anteporre un processo interiore di ispirazione a quello di una razionale analisi progettuale, dall’altra propone un nuovo tipo do ‘mimesi’ delle apparenze naturali” (Pierluigi De Vecchi-Elda Cerchiari, Arte nel Tempo, Gruppo editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas, Milano, 1991-92). Abolito il disegno e la linea che definisce oggetti e figure, il peso della costruzione dell’immagine e dell’espressività dei volti viene demandato al colore. Nella bottega di Giorgione si forma il grande Tiziano che negli ultimi anni della sua carriera giungerà a dipingere a ditate, in una pittura sfranta per la quale riportiamo la testimonianza secondo la quale “il Vasari descrive le opere da lui viste, tirate di grosso e con macchie, di maniera che da presso non si possono vedere e da lontano appariscono perfette” (Pierluigi De Vecchi – Elda Cerchiari, op. cit.). Le parole scritte nel Cinquecento da Vasari sembrano attagliarsi perfettamente alla pittura impressionista e a quella macchiaiola. Il tonalismo veneto è una rivoluzione che anticipa di secoli l’arte a venire (anche i pittori astratti, tranne il capostipite Kandinskij, eliminano il disegno).
Giorgione nella natia Castelfranco lascia un capolavoro assoluto quale la cosiddetta Pala di Castelfranco, conservata nel Duomo cittadino. L’unica parte in cui l’artista impiega il disegno è quella riguardante la struttura sulla quale siede la Vergine mentre le figure e il paesaggio sono eseguiti attraverso la sovrapposizione di strati di colore. Il tema della sacra conversazione diviene qui un apparato compositivo teso a sottolineare tanto la profonda religiosità dell’artista quanto la sua attenzione alla natura. Lo schema piramidale con al vertice la Madonna e il Bambino su di un alto trono viene inquadrato da un punto di vista rialzato che consente di ammirare, oltre il parapetto, uno straordinario brano paesaggistico dominato dalla torre sulla sinistra e dalla natura incontaminata. La fusione dei colori genera una avvolgente luminosità ed evita la definizione dei contorni permettendo una vibrante compenetrazione tra le figure e l’atmosfera che le circonda. Giorgione impiega la cosiddetta “prospettiva cromatica”, una scoperta di Giovanni Bellini, che prevede che i colori freddi si allontanino dal riguardante mentre quelli caldi gli si avvicinino, in modo che la cromia calda (i rossi, i gialli) sbalzi in primo piano e quella fredda connoti lo sfondo.
Giorgione è per molti versi un artista misterioso. Oltre a dipingere divinamente il pittore eccelleva nel suonare il liuto e nel cantare ciò che lo rendeva un ospite gradito nelle riunioni nelle case nobili. Sebbene ai suoi tempi godesse di grande considerazione, di lui non sappiamo molto. Le sue opere certe sono poche e a complicare la situazione vi è il fatto che spesso non si riesce a distinguere la sua mano da quella del giovane Tiziano che con lui collaborava. Un grande mistero accompagna anche alcuni suoi capolavori come La tempesta (Venezia, Galleria dell’Accademia), una tela la cui interpretazione ha causato grandi divisioni tra gli esperti. In un paesaggio con alberi in primo piano e un ponte ligneo che porta a una città sullo sfondo sono immersi una donna intenta ad allattare un bambino e un giovane pastore che li guarda compiaciuto. Al posto del pastore l’artista di Castelfranco Veneto aveva inizialmente dipinto un’altra donna. Piuttosto comune è l’interpretazione dell’opera come simbolo della dolorosa condizione umana mentre svariati sono i riferimenti alla mitologia (Deucalione e Pirra dopo il diluvio, la nascita di Bacco, Mercurio e Iside). Alcuni hanno voluto vedervi una nota autobiografica riguardo la presunta nascita illegittima dell’artista stesso. Molto famose sono anche le tele con I tre filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum) e la Venere di Dresda (Dresda, Staatliche Kunstsammlungen Gemalde Galerie).