Una gita sul fiume Rodano
Il Rodano è un fiume il cui percorso si snoda per 812 chilometri dalla Svizzera al mar Mediterraneo passando attraverso la Francia. A sud di Arles tra i due bracci del fiume (Grand Rhone e Petit Rhone) si estende uno dei più grandi delta del mondo, la Camargue, che si caratterizza per la presenza tra paludi e stagni di fenicotteri rosa, tori e cavalli bianchi. La zona è ricca di villaggi caratteristici con importanti feste tradizionali. Tra queste la più famosa è la festa dei gitani che vede il 24 e il 25 maggio di ogni anno la città di Saint Maries de La Mer diventare lo scenario ideale per gitani spagnoli e francesi, rom, kalé, sinti e manouches per venerare Sara la nera, santa patrona dei nomadi (benché non sia riconosciuta santa dalle principali confessioni religiose). La notte di Saint Maries de la Mer si anima di musica, balli, bevute e festeggiamenti. Accanto a questi momenti mondani il 24 maggio si svolge il rito religioso vero e proprio con la processione che porta la statua di santa Sara verso il mare. Per gli amanti della natura, dell’arte e del folklore una crociera lungo il Rodano può essere l’occasione di osservare la flora e la fauna del Parco regionale della Camargue e Santa Maries de la Mer ma anche città piene di storia e arte quali Avignone e Arles.
Chiesa di Santa Chiara, Avignone, 6 aprile 1327. Francesco Petrarca vede per la prima volta Laura. L’incontro cambia non solo la vita del poeta di Arezzo ma anche il corso della letteratura italiana. Benedetto sia ‘l giorno, e il mese, et l’anno,/ et la stagione, e ‘l tempo, et l’ora, e ‘l punto,/ e ‘l paese, e ‘l loco ov’io fui giunto/ da’ duo begli occhi che legato m’ànno. Che Laura sia realmente esistita o sia semplicemente un’invenzione letteraria poco cambia, fatto sta che la donna diventa il centro, l’astro attorno al quale si muovono tutte le liriche del Rerum Volgarium Fragmenta, il “Canzoniere”. L’opera rappresenta un punto di riferimento ineludibile per tutti i poeti. Nel Cinquecento nelle liriche non erano ammesse parole non usate dal Petrarca e le nobildonne non andavano in giro senza portare con loro il “Petrarchino”, versione formato tascabile della raccolta di rime del poeta toscano come testimoniano anche alcuni dipinti del Cinquecento come “Dama col petrarchino” di Andrea del Sarto e “Ritratto di Laura Battiferri” del Bronzino. Il poeta nasce in una famiglia esiliata ad Arezzo (il padre è un guelfo bianco) e passa parte della sua infanzia ad Avignone, sede del papato dal 1309, prima di recarsi a studiare a Montpellier e poi a Bologna. Dopo la morte del padre torna, nel 1326, insieme al fratello Gherardo ad Avignone dove l’anno seguente avviene l’incontro con la donna angelo Laura gentildonna avignonese, secondo alcuni Laura de Noves. Donna reale o senhal per nascondere la vera identità della signora amata? Una tradizione molto accreditata vuole che Laura sia solo il riferimento simbolico alla pianta di alloro con cui venivano incoronati i poeti. Lo stesso Petrarca ricevette la corona di lauro a Roma in Campidoglio nel 1341. L’ipotesi più probabile è che da un giovanile innamoramento per una fanciulla avignonese sia scaturito un mondo poetico ricco e prezioso che si è via via allontanato dalla figura della donna reale per assumere vita propria. Avignone, città sulle rive del Rodano, è legata indissolubilmente alle liriche petrarchesche e al periodo come sede papale (dal 1309 al 1377), epoca nota come “cattività avignonese”. Legata alla città della Francia meridionale è la corrente pittorica della scuola di Avignone che nella prima fase trecentesca è caratterizzata dalla massiccia presenza di artisti italiani mentre il periodo del Quattrocento vede la grande presenza fiamminga. Tra i più importanti rappresentanti di tale movimento artistico vi sono Simone Martini ed Enguerrand Quarton.
Simone Martini nel 1340 abbandona la natia Siena con la moglie e il fratello per trasferirsi ad Avignone forse a causa di un’epidemia di peste che si era diffusa nella città toscana. La presenza del grande pittore nella città provenzale (dove muore nel 1344) ha segnato un momento importante per l’evoluzione della pittura gotica in Francia benché poche testimonianze del suo passaggio siano giunte fino a noi. In particolare in Notre-Dame-Des-Doms si trovano due sinopie del Martini conservate nel timpano della chiesa. Si tratta del “Redentore” con Cristo benedicente e con il globo in una mano e “La Vergine e il Bambino e angeli” in cui anche si nota anche la figura del donatore, probabilmente identificabile nel cardinale Jacopo Stefaneschi. Al periodo avignonese risale anche la piccola tavola con la “Sacra famiglia” della Walker Art Gallery di Liverpool. Realizzata nel 1342 e probabilmente parte di un dittico, l’opera mostra Giuseppe intento a rimproverare Gesù dopo la discussione con i dottori nel tempio. Il realismo che permea l’opera, l’accurata resa psicologica dei personaggi e la capacità del pittore di dare un tono narrativo all’episodio rappresentato influenzano grandemente gli artisti francesi dell’epoca definendo le caratteristiche principali del Gotico Internazionale. Dall’altra parte del Rodano rispetto ad Avignone si trova la cittadina di Villenueve-les-Avignon che nel Musée Municipal conserva l’importante tavola con “L’incoronazione della Vergine” (1453-1454) del pittore e miniaturista francese Enguerrand Quarton , figura fondamentale della Scuola di Avignone. Nell’opera citata la Madonna viene incoronata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo in mezzo al Coro Celeste mentre sullo sfondo sono rappresentati i paesaggi del Paradiso, della Terra e degli Inferi. L’influenza della pittura provenzale che si concretizza nell’impiego di una luce tersa, il realismo luminoso di ascendenza fiamminga e le raffinatezze ereditate dal Gotico Internazionale conferiscono alle opere dell’artista una fantasiosa energia e una rara ricchezza cromatica. Quarton soggiorna ad Avignone dal 1447 al 1466, anno della sua morte. Nella città della Francia meridionale presso il Musée du Petit Palais è conservata l’opera del maestro di Laon “Le retable Requin” (1444-1445).
Altra città che merita una visita è Arles. Arles segna per Vincent Van Gogh l’inizio della fine. Nella cittadina sul Rodano il pittore di Zundert vive un periodo assai fecondo dal punto di vista artistico ma dà anche segni di squilibrio mentale con i primi ricoveri in case di cura. Il pittore aveva deciso di trasferirsi ad Arles dopo un periodo a Parigi nel quale la vita della capitale gli aveva causato stati depressivi spingendolo ai limiti del suicidio. Niente di meglio per ritemprare lo spirito allora che soggiornare in campagna, magari godendo di una solitudine inimmaginabile in una grande metropoli, e condividere le faticose giornate della gente semplice. La Provenza diviene quindi il luogo nel quale cercare un sereno rapporto con la natura per trovare l’agognata calma spirituale. Ad Arles Van Gogh lavora alacremente. Tanta foga creativa, però, nono riesce a far tacere i fantasmi interiori, a placare le ossessioni che infestano la sua mente. A complicare la situazione vi è il tormentato rapporto con Paul Gauguin, invitato in Provenza dal pittore tramite il fratello Theo. La relazione tra i due si rivela assai difficile e anche sulle questioni artistiche le loro divergenze apparivano insanabili. La mente dell’artista era sull’orlo del precipizio: tutto crolla il 23 dicembre del 1888. Le versioni dell’accaduto sono contrastanti ma la più accreditata vede il pittore di Zundert aggredire Gauguin con un rasoio e l’artista parigino abbandonare la casa dell’amico per rifugiarsi in un albergo. Van Gogh, rientrato in casa nel frattempo, si sarebbe a quel punto tagliato un orecchio. Recentemente alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che sia stato Guguin al termine di un violento litigio a mutilare l’amico con una spada. Comunque sia andata la vicenda alla fine l’artista parigino abbandona Arles: “Il soggiorno di Gauguin ad Arles fu brutalmente interrotto. L’estrema eccitabilità e le ricorrenti depressioni di Van Gogh trasformarono la vita dei due artisti in una serie di liti violente e di successive riconciliazioni (…) Il tentativo di suicidio di Van Gogh mise fine alla vita in comune dei due artisti. Appena Theo arrivò ad Arles ed ebbe provveduto a internare il fratello in un istituto mentale, Gauguin partì per Parigi” (Anna Barskaya, Paul Gauguin, edizioni Gribaudo, Savigliano, 2005). Anche i dipinti dai quali si dovrebbe diffondere una sensazione di tranquillità sembrano invece testimonianze certe di uno stato di angoscia e malessere interiore, come nel famoso “La camera da letto” nel quale il contrasto tra le linee tirate in prospettiva del pavimento e le commettiture oblique dello stesso genera uno stato di tensione (emotiva) amplificata dallo stridente abbinamento dei colori stesi in maniera approssimativa. Anche in “La terrazza del caffè in Place du forum ad Arles di notte” l’intento di raffigurare un ambiente vivace è contraddetto dalla contrapposizione tra colori caldi e freddi e dalla ripartizione asimmetrica della composizione. L’instabilità mentale del pittore allarma la cittadinanza di Arles che il 26 febbraio 1889 firma una petizione a seguito della quale Van Gogh viene costretto a tornare in ospedale, dove rimane per quattro mesi, prima di entrare volontariamente in una casa di cura di Saint-Rèmy.